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lunedì 5 dicembre 2011

gusto di casa mia

La globalizzazione, in che modo incide sui consumi, sulla disponibilità di cibo, sulla memoria culturale della tavola? Noi non ce ne rendiamo conto, ma in realtà appiattisce i desideri, omogenizza le aspettative anche nel gusto.

Non ricordiamo più i piatti delle bisnonne, non riusciamo a mettere a fuoco la ricetta della nonna, ne ricordiamo, magari, solo un vago sapore. Mia nonna, triestina, faceva un ragù speciale con molte spezie per condire "I" gnocchi, eh si perchè a Trieste si chiamano o si chiamavano così.
La diversità agroalimentare non è solo una risorsa mentale, che permette il nomadismo psichico, ma è anche un sistema di protezione per le specie vegetali che rischiano di perdersi piallate da banalità transnazionali. E' la logica del fast food monomarca, ci vogliono tutti con gli stessi desideri, più facili da gestire, da manipolare, da influenzare.
E allora evviva il lampredotto, il baccalà mantecato, i canederli con gulash, la bagnacauda, i tortelli di zucca, gli spaghetti buccuni, i carciofi alla giudìa, gli gnumeridd, ciceri e tria, la granita di gelsi, la torta al testo, il pancotto, la focaccia di Recco, la minestra maritata, la moccetta, le sarde in savor. "Cucina povera e semplice, fatta di semplicità" diceva Paolo Conte, spesso fatta con poco, ma espressione di una creatività genuina, semplice e nascosta, che conserva il gusto e la dignità della Storia.

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